domenica 20 maggio 2012

Tacere

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Ogni volta che c'è da ascoltare. Silenzio necessario per captare suoni anche lontani, richiami a cui accorrere, passi di qualcuno che è atteso, e potergli andare incontro, preparare per lui il nostro spazio.

O per non perdere parole che a volte appena muovono l'aria. Parole che rovesciano la nostra storia, o la sua.
Anche quando non si ha niente da dire si deve tacere. Sulla persona che nemmeno conosco, ma so ogni cosa, arrivata dal parlare di chi a sua volta nulla conosceva, ma non ha taciuto. E allora tutto può essere detto e chi ferma il fiume delle parole ormai dette?
E poi tacere quando c'è da conservare un segreto. Consegna di sé. Chi sa oggi tenere i segreti?
E davanti alla tragedia. Per sentire il morbido passaggio delle schiere di angeli che corrono, a salvare un bambino, e non sappiamo perché non li salvano tutti. E poi quindi tacere anche davanti al mistero assurdo e supremo della morte bambina. Per non dire parole superbe e sentire se forse una Parola arriva, di consolazione e promessa: ci sono, sono qui, risorto come tutti risorgono.
Tacere per sentire il suono della Parola che leggo.
Per ascoltare il suono del proprio esistere.
Per custodire verità che possono far trafiggere.
Ma quando la nostra parola attesa può salvare, guai a noi per il nostro tacere"

di Mariapia Veladiano

Prima di parlare è d'obbligo ascoltare

Prima di parlare bisogna ascoltare. In questi giorni la nostra povera Italia è stata funestata da due eventi drammatici, diversi tra loro, ma sconvolgenti. Il primo, un grave attentato ad una scuola di Brindisi; il secondo, un fortissimo terremoto, con uno sciame intenso che è ancora in corso, che ha interessato parecchie cittadine italiane del nord Italia. Entrambi hanno suscitato fortissime emozioni ma le reazioni successive sono state molto diverse. Per l'attentato, si sono dette tantissime parole.  Del terremoto, si vedono solo immagini. Le parole sono state sconfitte. Rimane un profondo sentimento di smarrimento, impotenza e solitudine. Credo che per tutte queste tragedie, siano esse rumorose o silenti, prima di parlare sia d'obblio ascoltare. In silenzio. Ascoltare.

domenica 13 maggio 2012

Abbracciare il cambiamento

Ogni volta che qualcosa cambia, intendo, significamente cambia, è chiaro che diventa tutto più difficile ed interessante. E' vero! Non ci sono più i medesimi punti di riferimento che ci permettevano di sapere esattamente cosa fare, ma è innegabile sentire un'adrenalinica voglia di scoprire qualcosa di nuovo. Probabilmente, la prima curiosità è proprio scoprire come noi reagiamo alla nuova situazione. Per questo mi sforzo sempre di non pensare che il cambiamento sia qualcosa di negativo, anche nelle peggiori situazioni....

sabato 5 maggio 2012

Questo è il nostro mondo

Insieme. di Richard Sennett

La collaborazione è una qualità innata dell'uomo, che fin da neonato è in grado di cooperare con la madre. Tuttavia non è una capacità scontata, che possa svilupparsi da sé, senza venire esercitata e approfondita. La collaborazione è essenzialmente un'arte, un'abilità sociale, e richiede un suo rituale, che va dal semplice dire grazie alle più sofisticate forme di diplomazia. È capacità di ascoltare, confrontarsi, dialogare con il prossimo per realizzare opere e risultati che da soli non si conseguirebbero. È necessaria per operare con persone che non ci somigliano, non conosciamo, magari non ci piacciono e possono avere interessi in conflitto con i nostri. È quindi un'abilità fondamentale per affrontare la più urgente delle sfide dell'oggi, ossia vivere con gente differente nel mondo globalizzato. Nonostante ciò è poco considerata nella società occidentale che le preferisce il modello della competizione individualistica o quello della chiusura di tipo tribale. Richard Sennett discute del perché ciò accada e che cosa si possa fare per porvi rimedio, visto che per prosperare le società hanno bisogno di quello scambio da cui si può trarre beneficio reciproco e mutuo soccorso. In un'indagine di ampio respiro, insieme antropologica, sociologica, storica e politica, mostra che cosa si intenda per collaborazione, spaziando dalle gilde medioevali al social networking; quali fattori ne abbiano determinato la crisi, nell'educazione e sul lavoro, con le conseguenti ricadute sul piano psicologico; in che modo la si possa ristabilire, a partire dalla pratica, dall'abilità di fare e riparare le cose, e dalle motivazioni che spingono l'uomo a cooperare con i propri simili, traendone soddisfazione e piacere.

martedì 1 maggio 2012

Eraclito: Panta rhei os potamòs

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« Non si può discendere due volte nel medesimo fiune e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. »
In questo frammento Eraclito sottolinea come l'uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni ente, nella sua realtà apparente, è sottoposto alla legge inesorabile del tempo.

lunedì 30 aprile 2012

Eckhart Tolle

Una notte nell'anno 1977, a 29 anni, dopo un lungo periodo di depressione che lo aveva portato quasi sull'orlo del suicidio, si svegliò in preda ad un attacco di ansia e ad una pena "quasi insopportabile". Si disse:

« Non potevo più vivere con me stesso. E in questo sorse una domanda: chi è questo io che non può vivere con sé? Cos'è il sé? Mi sentii attirato dentro il vuoto. Non sapevo allora che ciò che stava accadendo era che la mente, con la sua pesantezza, i suoi problemi, che vive tra un passato insoddisfacente ed un futuro pieno di paure, crollò. Si dissolse. Il giorno dopo mi svegliai e tutto era di una grande pace. La pace era qui perché non c'era un io. Solo un senso di presenza o di essere, solo un osservare e guardare. »

Dopo si sentì in pace in qualsiasi situazione. Per tanto tempo fu senza lavoro, senza casa, e quasi senza cibo, ma rimaneva in uno stato di gioia incomprensibile.
Eckhart Tolle

giovedì 26 aprile 2012

Questo è il nostro tempo

Di tutte le possibili opportunità che la vita ci ha dato e che ci darà, di tutti i possibili mondi che potremmo o vorremmo esplorare, di tutte l’esperienze belle o brutte che abbiamo fato e che faremo, di tutto ciò che attiene alla nostra vita e di tutto ciò che accadrà al nostro esserci, abbiamo una sola certezza: noi viviamo solo il presente. Non c’è passato che possiamo condizionare, non c’è futuro che possiamo già avere, non c’è azione retroattiva o futuribile sulla quale possiamo agire. C’è solo il presente come unico spazio fantastico o maledetto con il quale ci possiamo confrontare. Solo ora possiamo agire, tutto il resto è storia o sogno, passato o futuro, rimpianto o paura, rammarico o speranza. Tutto questo è fantastico, perché se agiamo o non agiamo, tutto diventa storia. Certo, una storia che potrà condizionare il nostro futuro, ma che non scrive già il nostro futuro. La bellezza è che possiamo cogliere tutte le possibilità come sprecare tutte le occasioni. Potremo godere o rimpiangere le nostre scelte. Ma oggi le facciamo e domani le valuteremo. Ieri è passato, domani non c’è ancora. Il nostro spazio vitale è oggi. Lungi da me sostenere la filosofia del carpe diem, quella concezione di vita che accorcia gli orizzonti temporali. Tutto va valutato e ponderato. Tutto ha un valore per il futuro. Ma non voglio vivere nel futuro, come se il bello sarà solo al termine di una lunga attraversata del deserto, che non finisce mai. Non voglio vivere nel passato, dove tutto ciò che è stato era meraviglioso e quei magnifici tempi non ci saranno più. Voglio solo vivere bene il presente. Perché tutta la bellezza della vita è già ora nelle nostre mani, nei nostri spazi, nelle nostre disponibilità ed è un peccato disperdere questo bellissimo tesoro. Vi saluto